Gli anni sessanta. Il “ritorno alla musica pura”
DOSSIER
Il 1960 è un anno di svolta nella vita di Gervasio; lasciato il ventennale impegno alla INCOM, Gervasio decide di «dedicarsi ufficialmente alla musica “pura”» che, nonostante l’intensità e varietà delle sue attività in diversi campi, non ha tuttavia trascurato negli anni cinquanta, come testimonia la composizione ed esecuzione di due sue sinfonie nel 1955.
Il periodo che va dal 1960 al 1970, particolarmente fecondo e ricco di lavori importanti, inizia con il Concerto spirituale, per coro, viola, organo e arpe, che Gervasio scrive nel 1961, dedicandolo al padre da poco scomparso, e le cui Variazioni sul tema del Dies Irae per organo saranno oggetto di numerose esecuzioni.
Tre lavori particolarmente importanti scritti in questo decennio, che Gervasio considera un “trittico per violino” e cioè il Preludio e allegro concertante, scritto nel 1962, il Concerto per violino e orchestra, del 1966, e la Composizione in la, del 1968, saranno oggetto di uno specifico dossier.
Accanto a questi, la produzione artistica di Gervasio si alimenta anche attraverso il rapporto con musicisti e autori. Dal rapporto con Angelo Romanò ed Ezio Cetrangolo, autori dei testi e con Giorgio Vigolo, traduttore in questa occasione di Aristotele, nascono tre lavori per voce e strumenti, rispettivamente Canzonette amorose (1961), Muse notturne (1965) e Detti di Aristotele (1967). Muse notturne in particolare è scritto su richiesta di Domenico Ceccarossi:
«Scrivendo per Ceccarossi ero più che autorizzato a trattare il corno al limite delle sue possibilità, gratificando tanto solista di un’ampia alea circa le scelte timbriche (suoni d’eco, naturali, misti, con sordine ecc.).»
Alla fine di questo decennio si collocano altri due lavori significativi: Fantasia (1970) per pianoforte, scritta su richiesta di Rudolf Firkusny, e Logos (1969) per orchestra.
Nel corso del concerto dedicato a Raffaele Gervasio dalla Camerata Musicale Barese nel 1990, la pianista Maria Lucrezia Pedote presenta così al pubblico Fantasia, che sta per eseguire:
«Si può dire che Fantasia sia il pezzo più sofisticato della serata, il pezzo di tutta la vita artistica di Gervasio più impegnato alla scoperta dei nuovi rapporti tra i suoni. […] una specie di scavo in profondità nel mondo delle armonie, nella quale, tranne che nel finale, non c’è un solo accordo tradizionale. […] È costruito come un semicerchio: comincia a un regime molto modesto di suono poi pian piano si innalza, arriva a una zona incandescente per ritornare alla fine alla stessa atmosfera dell’inizio. Questo è il grafico descritto dall’andamento del suono, il resto è fantasia.»
Appena conclusa la composizione di Logos Gervasio annota:
«È senza dubbio alcuno la cosa migliore che abbia mai scritto, per la sua ferrea, così credo, unità di elementi, di ispirazione e di stile. Aggiungo che sono riuscito a fare proprio tutto quel che avevo in testa, e penso soprattutto al finale, che è lento ed espressivo, con un tema segreto di Kant (la mia coscienza in me, l’universo stellato sopra di me…).»
Parla ancora di Logos nella prima delle due trasmissioni radiofoniche Quale Musica, curate da Pierfranco Moliterni per la sede pugliese della RAI, trasmessa il 18 dicembre 1979:
«Molto più recente è invece Logos per orchestra. Più recente e più combattuto, più teso, nel vivere quei problemi di linguaggio che nessuno di noi musicisti può ignorare. Io ho scritto parecchia musica seriale, come questo Logos basato su di una serie di dodici note che fa da cemento alla composizione.»